Ricorso per  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  (C.F.
80188230587)  in  carica,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
Generale dello Stato (C.F. 80224030587 -  per  il  ricevimento  degli
atti: FAX  06/96514000  e  PEC  "agsrm@mailcert.avvocaturastato.it"),
presso i cui Uffici ha legale domicilio in Roma, via  dei  Portoghesi
n. 12 
    nei confronti della Regione Veneto,  in  persona  del  Presidente
della Giunta Regionale, per la carica domiciliato in Venezia, Palazzo
Balbi - Dorsoduro, 3901  -  30123  Venezia  per  la  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale degli articoli 2, 49 e 69  della  legge
della Regione Veneto 27 aprile 2015, n. 6, pubblicata nel  Bollettino
Ufficiale della Regione n. 41 del  giorno  27  aprile  2015,  recante
"Legge di stabilita' regionale per l'esercizio 2015", giusta delibera
del Consiglio dei Ministri del giorno 23 giugno 2015. 
    L'art. 2 della legge della Regione Veneto  n.  6  del  27/4/2015,
"Legge di  stabilita'  regionale  2015",  pubblicata  nel  Bollettino
Ufficiale della Regione n. 41 del giorno 27  aprile  2015,  rubricato
"Disposizioni in materia di tassa automobilistica"  ha  previsto,  al
comma  1,  l'esenzione  dal  pagamento  della  tassa  automobilistica
ordinaria per i  veicoli  e  motoveicoli  muniti  di  certificato  di
interesse storico collezionistico rilasciato da ASI, Storico  Lancia,
Italiano FIAT, etc.,  a  decorrere  dal  ventesimo  anno  dalla  loro
costruzione. 
    Il successivo comma 4 ha poi previsto l'istituzione di una "tassa
di circolazione forfettaria" sugli stessi veicoli e motoveicoli. 
    L'art. 49 della richiamata legge regionale, rubricato  "Norma  in
materia  di  registrazione  e  promozione  di  marchi  regionali"  ha
disposto al comma 1: "1. La Regione del Veneto  attraverso  i  marchi
collettivi  di  qualita'  istituiti  ai  sensi  delle  vigenti  leggi
nazionali e regionali, valorizza il proprio patrimonio  produttivo  e
culturale nonche' i prodotti di  qualita'  del  territorio  veneto.",
prevedendo al successivo comma 2 che "2. Per le finalita' di  cui  al
comma 1, la Giunta  regionale  provvede  alla  registrazione  e  alla
promozione dei marchi di proprieta' della Regione del Veneto." L'art.
69 della Legge regionale in argomento, rubricato  "Norme  a  garanzia
della  copertura  del  Fondo  anticipazione  di  liquidita'  di   cui
all'articolo 3 del decreto legge 8 aprile 2013, n.  35  "Disposizioni
urgenti  per  il  pagamento  dei  debiti   scaduti   della   pubblica
amministrazione,  per  il   riequilibrio   finanziario   degli   enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali", convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno  2013,  n.
64", ha cosi' disposto: 
    "1. Le risorse destinate alla copertura del  Fondo  anticipazione
di liquidita' di cui all'articolo 3 del decreto legge 8 aprile  2013,
n. 35 "Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della
pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli  enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali", convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno  2013,  n.
64 sono comunque garantite anche mediante  l'utilizzo  delle  risorse
destinate al finanziamento del  Fondo  Sanitario  Regionale  allocate
all'upb U0248 "Spesa sanitaria corrente" (capitolo U/102324)." 
    Le richiamate norme della legge regionale  Veneto  n.  6  del  27
aprile 2015 si  pongono  in  contrasto  con  la  Costituzione  per  i
seguenti 
 
                               Motivi 
 
    1) Illegittimita' dell'art. 2 della l.r. Veneto 27  aprile  2015,
n. 6 per violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e)  e
dell'art. 119, secondo comma della Costituzione 
    L'articolo 2 della legge Regione Veneto n. 6 del 27  aprile  2015
prevede  l'esenzione  dal  pagamento  della   tassa   automobilistica
ordinaria per i  veicoli  e  motoveicoli  muniti  di  certificato  di
interesse storico collezionistico rilasciato da ASI, Storico  Lancia,
Italiano FIAT, etc.,  a  decorrere  dal  ventesimo  anno  dalla  loro
costruzione, in tal modo ponendosi in  contrasto  con  l'articolo  63
della L. n. 342/2000, che nella versione vigente, per  effetto  delle
modifiche apportate dall'art. 1, co. 666 della L.  n.  190  del  2014
(legge di stabilita'  2015),  ha  previsto  l'esenzione  dalla  tassa
automobilistica per tali categorie di veicoli e  motoveicoli  solo  a
decorrere dal trentesimo anno di costruzione. 
    Per effetto della disposizione  regionale  censurata,  i  veicoli
iscritti nei  suddetti  registri  continuerebbero  dunque  ad  essere
esenti dal pagamento della  tassa  automobilistica  a  decorrere  dal
ventesimo  anno  della  loro  costruzione,  diversamente  da   quanto
disposto dalla norma statale che per  tali  fattispecie  non  prevede
piu' alcuna forma di esenzione. 
    La norma regionale, nel reintrodurre un'esenzione  dal  pagamento
della tassa automobilistica abrogata dalla normativa statale, si pone
in netto contrasto con quest'ultima. 
    In  merito,  e'  pertinente  il  richiamo  alla   circolare   del
Dipartimento delle Finanze che recita: "L'abrogazione dei commi 2 e 3
dell'art.  63  della  legge  n.  342  del  2000,  comporta  che  agli
autoveicoli ed ai motoveicoli  di  particolare  interesse  storico  e
collezionistico non e' piu' riconosciuta  l'esenzione  dal  pagamento
delle tasse  automobilistiche",  aggiungendo  che  "detto  principio,
sotteso alle disposizioni dell'art. 1, comma 666, della legge n.  190
del 2014, deve  essere  naturalmente  rispettato  anche  dalle  leggi
regionali in materia di tasse automobilistiche". 
    Il comma 4  dell'art.  2  in  parola  istituisce  una  "tassa  di
circolazione  forfettaria"  sui  veicoli  e  motoveicoli  di  cui  al
precedente  comma  1,  per  i  quali  la  normativa  statale  prevede
l'assoggettamento alla tassa automobilistica ordinaria (art. 63 della
L. n. 342/2000). 
    La Regione, quindi, per i  predetti  veicoli,  ha  sostituito  il
regime di tassazione ordinaria, prevista dal sistema statale, con  un
differente tributo ad hoc. 
    La tassa automobilistica (disciplinata dal D.P.R. n. 39 del 1953)
e' stata attribuita dall'art. 23 del d.lgs.  n.  504  del  1992  alle
regioni,   le    quali    provvedono    anche    alla    riscossione,
all'accertamento, al recupero, ai rimborsi ed al relativo contenzioso
(art. 17, co. 10 della L. n. 449/1997). 
    Successivamente  l'art.  8,  co.  2  del  d.lgs.  n.  68/2011  ha
riconosciuto alle regioni la possibilita' di disciplinare la tassa de
qua, fermi restando i limiti massimi di manovrabilita' previsti dalla
legislazione statale. 
    Il tributo, dunque, non puo'  essere  annoverato  tra  i  tributi
propri delle regioni, bensi' tra i "tributi propri derivati" e dunque
istituito con legge statale e manovrabile dalle  regioni  nei  limiti
stabiliti dalla legislazione nazionale. 
    Il punto e' stato chiarito con sentenza n. 288 del 2012,  con  la
quale  l'Ecc.ma  Corte  costituzionale,  nel  delineare   il   quadro
normativo in cui si colloca  la  tassa  automobilistica  regionale  -
anche a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 42 del 2009
(legge delega in materia  di  federalismo  fiscale)  e  del  relativo
decreto  attuativo  (decreto  legislativo  n.  68  del  2011)  -   ha
precisato, con riferimento a tale imposta,  "che  si  qualifica  come
tributo proprio derivato", che le regioni: 
    a) non possono modificare il presupposto e i soggetti  d'imposta,
attivi o passivi; 
    b) possono modificare  le  aliquote,  ma  solo  entro  il  limite
massimo fissato dal legislatore; 
    c) possono disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni nei  limiti
di legge e, quindi, non possono escludere agevolazioni gia'  previste
dal legislatore statale. 
    La Corte ha aggiunto che, con la formulazione dell'articolo 8 del
decreto  legislativo  n.  68   del   2011   e,   soprattutto,   dalla
diversificazione operata tra i commi 2 e 3 del predetto articolo,  si
intende  "non  gia'  la  natura  di  tributo  proprio   della   tassa
automobilistica regionale, ma solo la  volonta'  del  legislatore  di
riservare ad essa un regime diverso rispetto a quello  stabilito  per
gli altri tributi derivati, attribuendone la disciplina alle regioni,
senza che questo comporti una modifica radicale di quel tributo, come
anche  confermato   dall'inciso   "fermi   restando   i   limiti   di
manovrabilita' previsti dalla legislazione statale". 
    Pertanto, alla luce delle  argomentazioni  espresse  dalla  Corte
costituzionale, sia con riferimento alla natura giuridica della tassa
di circolazione (tributo proprio derivato), sia ai limiti del  potere
delle regioni di disciplinare con  propria  legge  tale  tributo  (ai
sensi dell'articolo 8 del D.lgs. n. 68  del  2011),  appare  evidente
come le regioni non possano intervenire nella disciplina del  tributo
con  la  modifica  della  soggettivita'   attiva   e   passiva,   con
l'introduzione di esenzioni non  previste  dalla  normativa  statale,
ovvero con la sostituzione del regime di tassazione statale. 
    L'articolo 2 della legge Veneto n. 6 del 2015 si pone  dunque  in
contrasto con  l'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  e),  della
Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva  dello  Stato  la
materia del sistema tributario e con l'articolo 119, comma  2,  della
Costituzione, che subordina la possibilita' per le regioni e gli enti
locali di stabilire  ed  applicare  tributi  ed  entrate  proprie  al
rispetto  dei  principi  (statali)  di  coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario. 
    2) Illegittimita' dell'art. 49 della l.r. Veneto 27 aprile  2015,
n. 6 per violazione degli artt. 117, primo comma e 120,  primo  comma
della Costituzione L'articolo 49 della legge in argomento si  propone
di valorizzare il  patrimonio  produttivo  e  culturale  del  Veneto,
nonche' i prodotti di qualita'  di  quel  territorio,  attraverso  la
registrazione  e  promozione  di  marchi  collettivi   di   qualita',
istituiti ai sensi delle vigenti  leggi  nazionali  e  regionali,  di
proprieta' della stessa Regione. 
    L'istituzione e la  conseguente  disciplina  di  siffatti  marchi
collettivi di qualita' da parte della  Regione  Veneto,  si  pone  in
conflitto con il diritto dell'Unione europea - in relazione a  quanto
disposto, fra l'altro, dagli artt. 34 e 35 del T.F.U.E. (Trattato sul
Funzionamento dell'Unione Europea),  che  fanno  divieto  agli  Stati
membri di porre in essere restrizioni quantitative all'importazione e
all'esportazione, nonche' qualsiasi misura di effetto equivalente, e,
quindi,  determina  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione, che impone, nell'esercizio della potesta'  legislativa,
il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    In diverse occasioni la Corte di Giustizia  ha  sottolineato  che
una legislazione nazionale che regoli o applichi misure di  marcatura
di origine, siano i marchi obbligatori o volontari, e' contraria agli
obiettivi del mercato interno, perche' puo' rendere piu' difficile la
vendita in uno Stato membro della merce prodotta in  un  altro  Stato
membro, ostacolando gli scambi intracomunitari e facendo cosi'  venir
meno i benefici del mercato interno. Nella sentenza  del  5  novembre
2002 (C-325/00), la Corte ha ritenuto che un  sistema  di  marcatura,
seppure facoltativo,  nel  momento  in  cui  esso  e'  imputabile  ad
autorita' pubblica, ha, almeno  potenzialmente,  effetti  restrittivi
sulla libera circolazione delle merci tra  Stati  membri,  in  quanto
l'uso del marchio "favorisce, o e' atto a favorire,  Io  smercio  dei
prodotti  in  questione  rispetto  ai  prodotti   che   non   possono
fregiarsene". 
    L'articolo 49 contrasta, altresi', con l'art. 120,  primo  comma,
della Costituzione, in quanto le misure adottate dalla Regione Veneto
possono potenzialmente ostacolare la libera circolazione delle merci,
anche all'interno del mercato nazionale, inducendo  i  consumatori  a
preferire i prodotti veneti rispetto a quelli  provenienti  da  altre
Regioni. 
    Sul tema si e' recentemente (e con chiarezza)  espressa  l'Ecc.ma
Corte Costituzionale con sentenza 8  aprile  2013,  n.  66  ribadendo
l'orientamento giurisprudenziale  secondo  cui  l'istituzione  di  un
marchio regionale (nella specie collettivo, di qualita', dei prodotti
agricoli ed agroalimentari) e'  incostituzionale,  poiche'  induce  i
consumatori a preferire i prodotti contraddistinti con il marchio  in
questione rispetto ad altri similari e, dunque, viola il  divieto  di
misure   di   effetto   equivalente   a   restrizioni    quantitative
all'importazione  e  all'esportazione,  previsto  dal  Trattato   sul
Funzionamento dell'Unione Europea, oltre a rischiare  di  frammentare
il mercato interno nazionale. 
    Per i motivi sopra enunciati, l'art. 49 della legge regionale  n.
6 del 27 aprile 2015, nella parte in cui prevede la  possibilita'  di
istituire marchi collettivi di  qualita'  dei  prodotti  del  Veneto,
contrasta con l'art. 117, comma  1,  Costituzione  sotto  il  profilo
dell'interferenza nei rapporti dello Stato con l'Unione europea e con
l'art. 120, primo  comma,  Costituzione  in  quanto  suscettibile  di
limitare la libera circolazione delle  merci  anche  all'interno  del
mercato nazionale. 
    3) Illegittimita' dell'art. 69 della l.r. Veneto 27 aprile  2015,
n. 6 per violazione dell'art. 81, terzo comma della Costituzione. 
    L'articolo 69 della l.r. Veneto n. 6 del 2015 stabilisce  che  le
risorse destinate alla copertura delle anticipazioni  di  liquidita',
acquisite  dalla  regione  per  il  pagamento  dei  debiti   sanitari
pregressi, ai sensi dell'articolo 3 del D.L. n. 35/2013,  convertito,
con modificazioni dalla legge n. 64/2013,  siano  comunque  garantite
anche mediante l'utilizzo delle risorse  destinate  al  finanziamento
del  fondo  sanitario  regionale,  vale  a  dire  del   finanziamento
sanitario corrente. 
    Al riguardo, si  rappresenta  che  la  Regione  Veneto  ha  avuto
accesso alle anticipazioni di liquidita' per il pagamento dei  debiti
pregressi  in  conseguenza,  fra  l'altro,   della   predisposizione,
espressamente richiesta dal richiamato articolo 3, comma 5, del  D.L.
n. 35/2013, di idonee e congrue misure di copertura del rimborso allo
Stato delle anticipazioni stesse, oggetto di verifica  da  parte  del
Tavolo di verifica degli adempimenti regionali. Il Tavolo di verifica
degli adempimenti non avrebbe positivamente riscontrato una copertura
finanziaria effettuata a valere sulle risorse correnti  del  Servizio
sanitario regionale, in  quanto  gia'  finalizzate,  ai  sensi  della
legislazione vigente, a garantire l'erogazione dei livelli essenziali
di assistenza (LEA). 
    Ora, la disposizione della legge regionale dispone invece che  la
copertura dei rimborsi di cui trattasi avvenga anche attingendo  alle
risorse destinate  al  finanziamento  sanitario  corrente  (con  cio'
intervenendo sulle coperture gia' adottate e positivamente verificate
ai fini  della  sottoscrizione  dei  contratti  di  prestito  con  il
Ministero dell'Economia e delle Finanze). 
    La disposizione introduce quindi, a carico del Servizio sanitario
regionale, in palese contrasto con l'articolo 3 del DL n.  35/2013  e
con l'articolo 81 della Costituzione, un onere  del  tutto  improprio
(rimborso di prestiti) ed ulteriore rispetto agli oneri finanziati  a
carico del Servizio sanitario nazionale, senza indicare le necessarie
fonti di copertura. 
    Pertanto, l'articolo 69 si pone in contrasto con  l'articolo  81,
terzo comma,  della  Costituzione  sotto  il  profilo  della  mancata
copertura finanziaria.